domenica 24 marzo 2013

CALOGERO MASSIMO CAMMALLERI, "Un Uomo, la storia di Domenico Cigna"

Dalla penna di Diego Guadagnino e i tipi di Controluce (Palermo, 2011 pp. 196 €. 12,00), "Il fabbro e le formiche", biografia di Domenico Cigna, ci restituisce la storia di un gigante: un uomo, nel piu autentico senso sciasciano; un uomo dimenticato. E’ inutile negarlo, Domenico Cigna ci inorgoglisce; accade sempre agli amici di uomo illustre e perfino ai suoi nemici, non foss'altro perchè ingigantisce anche loro. Quanto ai conterranei, amici e nemici, i grandi uomini hanno anche questo, spesso loro malgrado: che sollevano sopiti sonni identitari; e ben vengano in una terra da 150 anni mortificata da luoghi comuni costruiti a tavolino.

Non è di Domenico Cigna che vogliamo dire (leggete il libro se - attraverso lenti non convenzionali - vorrete saperne di più sul mezzo secolo più caldo dello XX secolo), ma del libro in sè.
E' un sottile molto ben nascosto gioco analettico tra l'autore e il suo narratore che si trasforma in una storia nuova: anzi due. Quella del “politico avvocato” (senza la virgola in mezzo, ci si persuade che essa manchi non a caso), l'una. Quella del letterato (con la virgola dopo, ci si persuade che essa stia lì non a caso), l'altra. Una separazione, quella tra il politico avvocato e il letterato che a tutta prima non capisci; che quasi infastidisce e delude quando l'occhio giunge alla fine del “politico avvocato”, perchè lì, il letterato non l'ha trovato e tutto presagiva il contrario. Subito Diego Guadagnino, quasi si fosse accorto a giochi fatti di avere tradito una promessa, presenta Domenico Cigna il letterato. Appresso, così, come se fosse un altro libro; una post-fazione. Col dubbio si incede nella lettura. Ma basta poco e si coglie che l'apparenza dello iato; sì azzeccato e necessario che perfino si dimentica d'aver fatto del politico avvocato conoscenza. Adesso la tensione è tutta prolettica, dimentichi di stare leggendo del letterato. Lì, nel letterato, c'è l'uomo: Domenico Cigna; nè letterato nè politico nè avvocato: c'è il poeta e la poesia, si sa, dal suo mondo, a sè da questo, a questo ci inchioda; senz'appello.
“Questo e quanto” avra pensato l'autore (o il personaggio?) quando ha messo il punto fermo alla fine della prima parte; e quando ha iniziato la seconda: “e ora a me “.
Una storia sì autonoma che della prima si nutre di continuo e all'esito ci propone il senso di tutta la prolessi. Beh! Trovatelo da soli, trovate il vostro di senso, che ce ne sarà uno per ciascuno. La storia non ha i compromessi stilistici delle biografie: cosi com'è uomo senza compromessi e di disarmante libertà Domenico Cigna, cosi è narratore incalzante, diretto e forbito Diego Guadagnino; attento lettore della Storia, non cede mai – e sarebbe stato facile davanti a un soggetto cosi eticamente ingombrante – all'agiografia. Critico sicuro eppure ammirato; letterato erudito, eppure sincero.
Mentre si legge un libro così, tutto d'un fiato, non si sa mai, giunti al termine, se la fascinazione viene dal personaggio o dal suo autore. No, non val dire che viene da entrambi, che l'uno senza l'altro non starebbero in piedi; qui gli è che il personaggio ha incontrato il suo autore. Voce narrante e voce del personaggio si alternano e si confondono, regalandoci un continuum spazio-temporale in cui quasi un secolo – e quale secolo! – di storia si dipanano nell'agevolezza della cronaca, senza mai perdere di vista la cifra letteraria.
Un libro che ci consegna una preziosa riflessione sulla giustizia, quella della vita, al fine; in cui quella dei tribunali, dall'uno e dall'altro praticata, non sono che una pallida parodia. Specchio disilluso dei suoi attanti, avvocati alimentari o gnostici, come felicemente chiosa l'autore, metafora senza tempo dell'umanità. Avvocati alimentari e avvocati gnostici specchio fedele a loro volta di giudici con e senza occhiali neri, come al pari ci ricorda Calamandrei.
Nel libro c'è di più, molto di più della vita, o anzi è giusto dire, della storia di Domenico Cigna. Non ce ne vogliano coloro che ne custodiscono la memoria: nel libro l'esperienza straordinaria di un uomo straordinario si dissolve nel sottile gioco analettico dell'autore con il suo personaggio e da lì rinasce .... Parra strana la lettura che ne do: non si spense improvvisamente all'età di 67 anni Domenico Cigna, no. Il buon Dio lo aspettava: che fosse pronto, come ognun che se ne va da questa terra, lui lo aveva capito.

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