Già
qualche anno fa, in occasione di una collettiva di pittura iblea al
femminile, abbiamo avuto modo di parlare dei dipinti di Emanuela
Iemmolo, rilevando come i suoi paesaggi siano pervasi da un'atmosfera
soffice ed insolita nel contempo, da un qualcosa di vago e di gentile
che nella parola "magia" trova la definizione più confacente.
La
sua pittura per scelta di toni, di forme e di soggetti non è mai
protesa a soluzioni d'impatto violento o quantomeno incisivamente
marcato sull'interlocutore, ma seduce con la grazia di un messaggio che
porta immagini affioranti da un vissuto interiore e di memoria in
armonia col mondo e con la vita.
E
ciò accade non solo quando sulla tela si estendono placidi scorci sotto
i cieli vasti delle campagne intorno alla sua Modica, ma anche quando
la sua ispirazione si posa su grovigli grigio-argento di nuvole che
covano la furia del temporale sospesa sulle chiome sconvolte di un
uliveto cinto di muri a secco.
La
fluenza che armonizza la gamma dei colori, e con essa gli elementi
naturali che compongono il paesaggio, porta il candore da cui nasce ai
confini di un lirismo schietto e genuino.
Da
quello che la pittrice dice della sua ricerca, sembra proprio questa
armonia spirituale il dono più prezioso con cui l'arte la ricompensa del
suo impegno costante e sempre più sicuro delle proprie possibilità e
delle proprie risorse. Certamente, la Iemmolo
è una pittrice che ha davanti a sè del cammino da fare, ma gli
orizzonti raggiunti sono già sicura garanzia delle sue potenzialità
artistiche e poetiche.
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