«Le barricate in piazza / le fai per conto della borghesia / che crea falsi miti di progresso». Questi versi profetici di Franco Battiato, risalenti al 1980, quando i miti sessantottini non si erano ancora del tutto sgretolati, possono accompagnare l’accesso al libro Ecologia tra cielo e terra di Guido Bissanti, edito da Medinova e presentato in uno degli appuntamenti culturali, che costellano l’estate siculianese, nella suggestiva cornice del Giardino del Santuario.
Rispetto alla versione mainstream delle problematiche relative alla salute del nostro pianeta, questo di Bissanti è un saggio controcorrente che evidenzia il fallimento della concezione illuministica della natura asservita e violentata dall’uomo agito dal demone dell’accumulazione capitalista. L’autore attacca «i falsi miti di progresso» rappresentati da una tecnologia scissa da ogni forma di pensiero umanistico e nel contempo individua nella spiritualità l’elemento basilare che è venuto meno nel rapporto tra l’uomo e la natura. Attraverso una disamina delle grandi religioni, dal cristianesimo all’islamismo, all’induismo, al buddismo, al taoismo, allo shintoismo, Bissanti dimostra come tutte siano animate dal sacro rispetto, dal timor panico, verso le forze della natura che in taluni casi assumono l’identità della stessa divinità. Nella dimensione religiosa l’uomo ha un rapporto intimo e sacrale con la natura, nell’universo della moderna tecnologia il rapporto è diventato parassitario e distruttivo. Sicuramente non è un caso se Hans Jonas, il filosofo che col Principio di responsabilità ci ha data la summa del pensiero ecologista, sia anche uno dei maggiori studiosi dello gnosticismo antico a livello mondiale.
L’illuminismo ha trattato la religione come espressione infantile ed oscurantista di una umanità primitiva che doveva redimersi nella luce della dea ragione. Tuttavia non ha generato una cultura in grado di comprendere l’uomo nella sua totalità. Guido Bissanti, che è dottore agronomo, ricercatore, docente universitario, saggista con diverse opere all’attivo, non è la prima volta che affronta il rapporto tra spirito e materia in campo scientifico, in questo studio però lo fa in maniera specifica approfondendone la connessione con l’ecologia. «L’ecologia» scrive «si basa su un’economia condivisa tra tutti (dagli esseri più microscopici ai grandi fenomeni della natura); l’economia liberista fa dell’assoggettamento, dello sfruttamento, del colonialismo mercantile (e non solo) il suo credo e la sua bibbia. Le scienze economiche del liberismo sono la negazione della scienza.» Il problema ecologico è problema economico e se noi avalliamo un’economia anarchica, svincolata da qualsiasi limite o freno anche la natura ne diventa vittima e con essa soccombe pure l’uomo. E la spiritualità? È senza dubbio la parte più stimolante del saggio. Liberismo e spiritualità a confronto. L’uomo spirituale ha padronanza assoluta di sé, e questo non è tollerabile per il liberismo forsennatamente dominatore e pervasivo. L’uomo del terzo millennio deve fare della spiritualità un valore intrinseco alla propria esistenza se vuole sopravvivere alla furia devastatrice del nichilismo liberista. È spiritualità resistere alla seduzione della materia mercificante e mercificata; è spiritualità spostare l’epicentro dell’essere nella trascendenza del corpo, diventato oggi il feticcio sensoriale e sensuale usato dal potere per svuotare l’uomo di ogni cognizione di libertà e di sovranità su se stesso. Oggi tutto ciò che è reale viene sostituito con la sua immagine mentale proposta da un potere invasivo e totalitario. Svegliarsi da questa ipnosi massiva significa entrare in una dimensione da cui poter osservare le mosse del dominio senz’esserne fagocitati. Questo in termini di operatività individuale il messaggio deducibile dalle pagine di Ecologia tra cielo e terra, un saggio che ad onta e nonostante i continui richiami al pensiero cattolico nella forma delle encicliche di papa Francesco, mantiene un elevato profilo di contestazione radicale delle attuali politiche adottate dall’Occidente.
Guido Bissanti ci tiene a dire che non è un politico e non intende fare politica, perché lo distrarrebbe dai suoi studi e dalle sue ricerche; questa fedeltà alla propria vocazione o fede in se stesso, gli consente di dire verità irriducibilmente antisistema con nonchalance o quasi con la modestia di chi sta parlando di qualcosa all’evidenza e alla portata di chiunque. Meglio così. Nel suo Come il Titanic? (Aracne Editrice), leggiamo: «Una scienza che non diventi, essa stessa, osservata, rischia di servire, come purtroppo succede sempre più spesso, l’interesse dei potenti e non dell’umanità. Oggi si assiste a uno scientismo pericoloso e fuorviante che ha nella mente dei deboli un effetto devastante. Lo stesso effetto che la religione di Stato ebbe nei secoli passati. La scienza divenuta potere, si è trasformata in strumento di dominio e di arroganza e si assiste sempre più a un bigottismo scientifico senza precedenti.» Sono parole, scritte nel 2015, di cui negli ultimi due anni abbiamo potuto verificare la terrificante realtà e che danno la misura della serietà del discorso portato avanti dal nostro agronomo scrittore.
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