domenica 24 marzo 2013

DOMENCO TURCO, "Trasmutazione" di Diego Guadagnino

SAGGIO CRITICO


UNA STUPEFACENTE AVVENTURA DEL PENSIERO
 
Con la raccolta Trasmutazione, opera prima che riunisce testi scritti in anni e anni di attività letteraria svolta in incognito, Diego Guadagnino segna un grande ritorno alla poesia autentica, che scaturisce dalle profondità ancestrali del cuore e della mente, e si alimenta di temi alti e nobili, addirittura ardui. Guadagnino sfrutta le risorse di una cultura vertiginosa, solido terreno in cui mette radici la sua straordinaria poesia, caratterizzata essenzialmente dalla novità dei contenuti spirituali proposti.
La spiritualità rappresenta il leit-motiv di Trasmutazione, presente in varie forme e modalità. Sul piano espressivo, Diego Guadagnino punta sulla ritrovata volontà di dialogo con il lettore e sulla chiarezza espositiva. Altri aspetti significativi sono l’innegabile originalità stilistica e metrica, segnalata dall’introduzione della rima, sottratta peraltro alla solita associazione con una poesia più facile e orecchiabile. L’uso della rima è funzionale alla musicalità del dettato, e non inficia affatto la complessità dei testi, per quanto comporti talvolta l'impressione di una ricercata letterarietà, forse inevitabile nella scrittura poetica di un autore che riconosce quali propri maestri Cardarelli, Leopardi, i Simbolisti francesi, Quasimodo, tutti contraddistinti da una sorvegliata disciplina formale. Tuttavia le maggiori note di merito del libro risiedono, più che negli aspetti formali, in quelli contenutistici: Trasmutazione è in primo luogo una stupefacente avventura del pensiero, senza che la poeticità ne abbia a soffrire, anzi! Come nel caso di Eliot o di Montale, la poesia di Diego Guadagnino trae forza da una robusta riflessione, occupata dal problema fondamentale del senso della vita, come risposta alle domande “chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo?”. La risposta offerta da Trasmutazione risiede nella tradizione esoterica e spirituale nell’accezione più ampia del termine. Attenzione, però: non si tratta di una poesia religiosa! Guadagnino non è un uomo di fede dogmatico, è al massimo il sacerdote dell’arte sacra della poesia come e in quando Dire originario, secondo la suggestiva formula coniata dal filosofo Martin Heidegger.

METAMORFOSI E TRASMUTAZIONE
 
Il concetto stesso di trasmutazione diverge sostanzialmente dalla metànoia paolina, che è il rinnovamento del credente che abbraccia la religione e ne osserva supinamente riti e regole. La trasmutazione secondo Diego Guadagnino è un’espressione tecnica di quell’antica dottrina iniziatica in odor di eresia che è l’Alchimia. Nella trasmutazione culmina il processo alchemico, scandito da varie fasi, dall’Opera al Nero all’Opera al Rosso, in cui si ottiene l’oro dalla materia bruta. La metamorfosi di Kafka, autore citato nella bella poesia Franz e molto apprezzato da Guadagnino, si mostrava come momento negativo-dissolutore precedente all’annullamento dell’identità del singolo, una sorta di agonia dell’anima che il corpo si limita a registrare assumendo una forma differente. Invece la trasmutazione indica proprio il contrario, cioè l’affermazione della vera vita, la vita dello spirito, a seguito del superamento della coscienza infelice, intesa quale perdita dell’armonia originaria tra l’umano e il divino. In altri termini, la trasmutazione segna l’avvenuto passaggio dall’ignoranza alla conoscenza, dal sogno visionario del divenire alla realtà concreta dell’essere, e la relativa consapevolezza del Sé autentico, il Sé spirituale. Intercettando precise influenze alchemiche, Guadagnino identifica la sua personale versione della Trasmutazione con la liberazione dalle maglie delle catene dell’esistenza inautentica. In questo senso, è particolarmente rivelativa la lirica dedicata al principe Sansevero, mecenate dell’omonima cappella partenopea, che si intitola in maniera certo non casuale Il Disinganno, esattamente come il meraviglioso gruppo marmoreo presente all’interno del noto tempio ermetico. Ciò che ha colpito Diego Guadagnino è la figura umana che tenta di liberarsi da una fitta rete, chiaro simbolo indicante il progressivo emanciparsi dello spirito dal giogo della materia. Questa concezione sapienziale è la traccia da seguire per comprendere a fondo il significato di tutto il libro. E che spiega l’interesse di Diego Guadagnino per diverse dottrine del risveglio o dell’illuminazione, dal Buddismo nelle sue disparate correnti al Taoismo cinese, dal Sufismo al Cristianesimo Esoterico, dalla Quarta Via di Gurdjieff all’Evoluzionismo spiritualistico di Aurobindo. Da non sottovalutare è l’apporto dell’Induismo, l’antica religione indiana, come testimonia il sonetto proemiale di Trasmutazione, Kali-yuga. Lo schema di fondo dell’esperienza poetica racchiusa in Trasmutazione si radica sul bipolarismo prigione e liberazione, ravvisabile in alcune delle poesie più significative, come Scalo ferroviario, Da lì, Adamo, Amica della sera, Il luogo karmico, Autunno. Tutto il dettato della raccolta sembra avviarci sul cammino della liberazione, intesa nell’accezione della mokşha buddista quale emancipazione ascetica dai vincoli della realtà sensibile. La Trasmutazione si accompagna all’accettazione della realtà, per quanto tale accettazione sia vincolata alle leggi divine e alla consapevolezza del carattere doloroso e illusorio dell’esistenza, che il poeta invita tuttavia ad assumere stoicamente su di sé, quale fardello inevitabile ed ineliminabile per l’uomo, per ogni uomo (“non volgere le spalle a questa pena”, recita un verso veramente rivelativo della visione del mondo di Diego Guadagnino ). Alla riuscita del libro contribuisce anche l’organizzazione ben strutturata dei testi, riuniti nelle sezioni Trasmutazione, Scalo Ferroviario, Adamo, L’ibisco, Paese, Spiragli, Puerta del Sol, La Roba di Sempre, Nessuno sfugge al niente.

GUIDA ALLE SINGOLE SEZIONI
 
Trasmutazione

La prima sezione è occupata da una sequenza poetica ispirata alla profonda visione del mondo rappresentata nelle carte degli Arcani maggiori. I Tarocchi, creati in ambiente gnostico, esprimono dei significati esoterici, sapienziali e mistici assai congeniali alla sensibilità del poeta Diego Guadagnino. Le liriche sono tutte formate da due quartine sul modello del Rubaiyàt di Omar Khayàam, autore persiano fortemente influenzato dal Sufismo, la corrente iniziatica islamica che a sua volta costituisce una delle vedute spirituali più frequentate da Guadagnino. Le poesie della prima sezione sono ognuna collegata ad una carta dei Tarocchi, ma il poeta, per complicare le cose con un ingegnoso e affascinante gioco intellettuale, non svela esplicitamente il collegamento tra ogni componimento e il relativo arcano maggiore, lasciando libero il lettore di scoprire da solo la corrispondenza abilmente celata.

Scalo ferroviario
 
Questa seconda sezione è dedicata all’esistenza, indicata dall’eloquente metafora della stazione, dello scalo ferroviario, titolo della splendida poesia che dà il nome e assicura il tono generale a tutta la sezione. I vari componimenti rappresentano i referti poetici della quotidianità, dimensione che nel caso di Diego Guadagnino non assume quel significato minimalistico o quella funzione di basso profilo solitamente associato ai ristretti spazi del privato. C’è infatti una precisa filosofia della vita che emerge, a base evoluzionistica e spirituale, direttamente riconducibile ad Aurobindo, grande pensatore di origine indiana, il cui complesso itinerario speculativo può essere riassunto dalla formula “l’uomo è condannato all’evoluzione, non può sottrarsi”. Nel mondo della vita, della vita di tutti i giorni, Guadagnino sente prepotentemente il richiamo all’autorealizzazione personale, anche nelle forme e nei modi della mistica sufi, per la quale l’uomo è infinitamente perfettibile. Tra le poesie più interessanti vanno citate, oltre a Scalo ferroviario, L’Età fuggiasca, in cui le memorie di una giovinezza da bohemien o glob-trotter trovano un interessante parallelismo nella biografia e nell’opera di uno straordinario maestro come Arthur Rimbaud. Dalla lezione immortale di Rimbaud Guadagnino fa suo il monito a cambiare la vita, secondo una visione del mondo radicata sulla polarità del sacro e del trascendente. Tuttavia, accanto a questa spiritualità trascendente, al ricordo della perduta giovinezza Diego Guadagnino associa l’insegnamento di Marx, non solo o non tanto come icona politica, quanto piuttosto come interprete dell’esigenza di una trasformazione del mondo e dei modi ordinari di concepire l’esistente. Ne Il luogo karmico viene rievocata ironicamente la figura del filosofo presocratico Empedocle di Agrigento, qui inteso come potente simbolo del saggio costretto a fare i conti con una realtà prosaica e provinciale, nei riguardi della quale non può non polemizzare. Agrigento diventa città-simbolo di una dimensione esistenziale subita e non scelta, luogo karmico, appunto, nel quale si dispiega il destino di ognuno di noi, necessariamente e visceralmente legato alla propria terra d’origine.
Componimento in versi di grande respiro, nonostante la brevità che è funzionale alla sua intensità visionaria, La casa del Tao raggiunge vertici di altissima poesia in virtù di una miracoloso equilibrio tra musicalità, fantasia anche in senso crociano e tematiche metafisiche presentate con sorprendente semplicità, di sapore vagamente orientale. La piccola casa vicino al mare rappresenta l'onirica metafora del mondo, residenza comune dell'umanità. L'allusione al Tao, la suggestiva Via esoterica della Tradizione cinese, indica chiaramente una visione olistica e complessa, nella quale gli opposti confluiscono entro una superiore armonia cosmica. Canto struggente, La casa del Tao celebra la bellezza del mondo con una nota di velata nostalgia del presente, per citare Borges, un sentimento di particolare commozione per la fugacità del tempo. Ciò è sottolineato dall'uso dell'imperfetto; rivolgendosi al lettore al passato, il poeta esprime efficacemente una dimensione di distacco attivo dal mondo-delle-cose heideggeriano, avendo sperimentato nella sua appassionata ricerca esistenziale il concetto cinese del wu-wei, l'agire-senza agire del Tao-te-ching, che, lungi da qualsiasi rassegnazione, viene a configurarsi invece come esigenza di autorealizzazione interiore attraverso uno stoico adeguarsi ai ritmi dell'essere e del divenire...

Adamo

La sezione che contiene alcuni dei versi più significativi e profondi della raccolta; il tratto di continuità che le raccorda è rappresentato, per ammissione dello stesso autore, dalla nostra “debolezza” e dalla nostra fragilità sotto l'aspetto metafisico, “quelle cose che non possiamo dire al nostro prossimo, per quanto possa esserci amico e vicino, ma le diciamo e le riconosciamo nella parte più segreta della nostra intimità, dove non è possibile non rivolgerci a qualcuno che chiamiamo Dio, Signore”. Ma l’Ente Supremo conosce anche una sua versione laica. D’altronde, ricorda Diego Guadagnino , “la psicologia moderna ci insegna che in noi al di sotto dell'Io c'è l'Es, l'inconscio, al di sopra c'è il Sè, che rappresenta la parte più saggia e onnisciente. Ne deriva che è impossibile che l'uomo nel suo intimo non dialoghi con qualcuno da cui si aspetta consiglio, aiuto e chiarezza”. Il primo uomo, Adamo, è figura archetipica che simboleggia l’individuo nella sua unicità, metafora dell’essere che si concretizza nell’esistere quale sfera dei sogni, dei desideri e delle aspirazioni riflesse nella pagina poetica.

L’Ibisco

Nella sezione Guadagnino fa di questo splendido fiore l’emblema dell’amore, tema di tutte le liriche presenti, compresa Buck, dedicata al cane dell’amata. In tal senso, l’amore per la donna si oggettiva, per così dire, attraverso il ricordo dell'affettuoso animale. Nella poesia che intitola la sezione è inserita una frase in exergo di una mistica fiamminga del Medioevo. La citazione si giustifica con la volontà di attribuire una più ampia visione all’amore, sentimento profano che però può assurgere a metafora di quel rapporto ascetico tra l’uomo e Dio che è esso stesso rapporto di amore, per quanto di un “amore celeste” e non “volgare”, usando termini tratti dal Convito di Platone.

Spiragli

Qui trovano spazio poesie che celebrano supremi punti di riferimento, emblematici fari che soccorrono l'uomo lungo il suo percorso esistenziale, permettendogli di non perdere la rotta e di salvarsi dalla solitudine.

Puerta del Sol
Può essere definito un reportage in versi, in quanto riunisce le poesie di viaggio di due diversi soggiorni in Spagna. Guadagnino ama particolarmente il paese iberico, anche per la sua cultura aperta alle influenze spirituali più diverse, dall'alchimia - presente nella splendida Gerona, uno dei vertici poetici della silloge - alla Cabala, dall'Islam alla Mistica cristiana di Teresa di Avila e di San Giovanni della Croce, etc... Per Diego Guadagnino la Spagna è "una grande madre, nella quale tutto ciò che è insito in noi siciliani si ritrova ingrandito e sviluppato: sensualità, misticismo, senso della morte, etc...

La Roba di Sempre
È la sezione a vocazione metafisica, che compendia in qualche maniera le tematiche più suggestive e pregnanti di significato della raccolta di poesie. Il titolo stesso indica un concetto ampiamente ribadito nella silloge, cioè l'insufficienza della realtà sensibile, che, in accezione esoterica e sapienziale, rinvia ad una superiore visione dei rapporti tra essere e divenire, che è, come dire, tra spirito e materia.

Nessuno sfugge al niente
La sezione conclude l'appassionante ed emozionante itinerario iniziatico rappresentato da Trasmutazione, con una serie di epigrammi che invitano ad una giocosa riflessione sul mondo che ci circonda, i suoi limiti e le sue potenzialità. E' un finale particolare, tutto giocato sul filo dell'ironia, e all'insegna del non prendersi troppo sul serio. Persino la questione teologica del Dio nascosto, che ha tenuto svegli e agitati generazioni di "scienziati" del Divino e di filosofi della religione, diviene oggetto di satira, una satira più bonaria che irriverente: Un dio umorista e televisivo/che nel bel mezzo delle malefatte/si rivela e grida/SIETE SU SCHERZI A PARTE. Tuttavia, dietro l'ostentata leggerezza si cela infatti il dramma cosmico di Dio, Luce invisibile che si nasconde alla vista dell'uomo.

Conclusione

L’intera opera svolge un discorso organico e coerente, che verte sul concetto di illuminazione, non lontanissimo, peraltro, dal compimento dell’Ars Regia alchemica nel nome e nel segno di quella trasmutazione reale e metaforica che renderebbe possibile il processo di trasformazione del metallo vile in nobile oro. Ma, come notavano gli antichi cercatori della pietra filosofale, per trovare l’oro bisogna averne di già, concetto che indica la presenza nell’alchimista di qualità ascetico-sapienziali tali da consentirgli il superamento della morte dell’io empirico e la seconda nascita. Ciò è simboleggiato nell’ambito dell’alchimia medioevale dall’idea dell’imitatio Christi: come Cristo ha vinto la morte, risorgendo dalle tenebre dell’esistenza fisica, terrena, così l’alchimista autentico deve comportarsi in vista dell’autorealizzazione della personalità in chiave eminentemente spirituale, tramite l’iniziazione. In questo senso si comprende il fascino che il tema apparentemente nichilistico della morte esercita su Diego Guadagnino : non si tratta quasi mai della morte del materialista, che sancisce l’epilogo dell’avventura umana, ma della morte del mistico o dell’illuminato, che è la porta di accesso alla verità trascendente. La morte alchimistica, come Opera al Nero, o mistica, nel senso della notte oscura dell’anima cantata poeticamente da San Giovanni della Croce, è esito di un percorso iniziatico da sperimentare in vita, ma va intesa anche come anticipazione della fine della vita nel mondo e come principio dell’altro mondo, che, in prospettiva ascetica e sapienziale, è il mondo del risveglio alla vera vita...

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