mercoledì 12 agosto 2020

VENERANDO BELLOMO, La vita misteriosa di un principe del foro

In un tempo senza tempo e in un luogo apparentemente indefinito, che comunque è la Sicilia con le sue congruenti contraddizioni, si muovono i personaggi del romanzo Tindaro La Grua di Diego Guadagnino per Kromato edizioni.

Ed in questa plaga dai glaciali inverni russi e dalle estati sahariane, personaggi e trame, per rispetto geografico e antropologico, oltre ad essere quelli che appaiono sono anche tutto il contrario.

Come in un gioco di specchi la realtà, o ciò che sembra esserlo, rimane travolta nel turbinio dell’entropia, diventando sogno, illusione, evanescenza, per ritornare, poi, all’origine della certezza sfuggente.

E questo apparire tutt’altro coinvolge le persone e le cose, che nel loro ambiguo modo di esistere quasi dissipano il principio logico di non contraddizione.

Avvocati che stentano a trattenere il letterato che è in loro e che genera conflitto tra aspirazione e quotidianità di professione.

Donne che aspirano a liberarsi dalla passione e dall’attaccamento al mondo, per rimanere, invece, travolte dalla loro carnalità impetuosamente riservata, come incarnazioni di un dipinto di Luis Ricardo Falero: misticismo religioso come fuga dalla realtà terrena, notti buie che si dissolvono in pallide albe, che fugano ogni paura, con il sottofondo di marce militari, che disinteressatamente danno ritmo all’otium. Donne, che sembrano contrapporsi tra loro, ed invece l’esistenza di ognuna, del suo essere e del divenire della propria vita, dipende, inconsapevolmente, da quella di un’altra.

Medici hahnemanniani, che sanno leggere il corpo e lo spirito come una carta geografica umana, dando risposte che si rivelano esatte in un orizzonte lontano: visionari.

La morte come dissoluzione apparente che invece genera nuova vita, confluendovi.

Ed in tutta questa contraddizione dell’esistenza il protagonista, un giovane avvocato, Attilio Bonafede, è chiamato, per le sue doti letterarie giovanili, a celebrare un principe del foro: Tindaro La Grua, precocemente scomparso, famoso per lo spessore professionale e le forti doti letterarie, incarnazione dell’Ubi sunt medievalista – traduttore del Dialogo degli oratori di Tacito – ritrovandosi a confrontarsi con degli scritti sparsi, per l’ufficialità dell’incarico, e con uno negletto, incompiuto, recuperato fortunosamente, dalla trama romanzesca, che vede protagonista simbolico Cagliostro, endiadi umana del bene e del male.

La fascinazione che ne subisce e la curiosità, non solo letteraria, è tale da rimanere completamente preso dalla vita misteriosa del Maestro, dal suo approccio aristocratico e tagliente alla vita e per la vita, alla professione.

In una struttura letteraria con le maglie del romanzo giallo, senza tuttavia esserlo, il lettore viene travolto dalla narrazione in un crescendo di tensione fino alla soluzione, fino al cupio dissolvi.

FONTE:

https://www.malgradotuttoweb.it/la-vita-misteriosa-di-un-principe-del-foro/ 

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