giovedì 20 settembre 2018

Diego Guadagnino, SALUTO ALL’INGEGNERE GIUSEPPE IANNICELLI

Commemorare l’Ingegnere Giuseppe Iannicelli, nel mesto e solenne momento del commiato dalla vita, rievocare l’uomo, l’amico, il professionista potrebbe dare la vaga sensazione di scadere nella consueta retorica dell’elogio funebre. 

Ma nel suo caso non è così. Nel suo caso le parole aderiscono saldamente al vero: ne possono dare atto quanti lo conobbero e gli furono vicini; quanti hanno avuto modo di apprezzare la sua modestia, la sua discrezione, il suo disinteresse, la sua moralità, che finivano per dare risalto a quelle altre straordinarie doti che si venivano scoprendo nel rapporto vivo con la sua persona. 

Dietro la sua modestia c’era una cultura altissima, dietro la sua timidezza c’era un senso dell’humor genuino e intelligente, dietro la sua discrezione c’era una precisione che ispirava totale affidamento, dietro la sua gentilezza, una sensibilità cui non sfuggiva nulla. Coniugava con ammirevole naturalezza il rigore del tecnico all’erudizione dell’umanista, risultando così sempre puntuale a preciso anche nelle citazioni o nei richiami letterari, che davano fascino alle sue osservazioni. 

Ho appreso dalla nipote Cinzia Pomo che nella fase finale ha assunto un’espressione serena e quasi sorridente – ci tenevo a dirglielo, mi ha detto Cinzia – e io ci tenevo a saperlo, ho risposto. E ci tenevo perché in quella sorridente serenità c’è il senso di tutta una vita. Se, come dicevano i latini, vivere vuol dire imparare a morire, allora possiamo dire che l’Ingegnere ha speso bene la sua vita. 

Di fronte a tale modo di accomiatarsi non si può fare a meno di pensare ad Arthur Schopenhauer, che si dice sia morto in stato di sorriso. L’Ingegnere amava parlare della morte, ne parlavamo assieme, non per disprezzo della vita, ma al contrario per meditarne il mistero, e voler sviscerare il mistero della vita è sicuramente un modo di amarla e possederla, alla maniera dei filosofi antichi, che gli erano tanto cari. 

Leggeva i classici latini nella lingua originale, li traduceva all’impronta; ed essendo ingegnere idraulico – o “tubista” come lui amava ironicamente autodefinirsi - per assonanza professionale ha scelto di tradurre in italiano Degli acquedotti della città di Romadi Sesto Giulio Frontino, accompagnandolo con un saggio su La Concessione dell’acqua nella Roma Imperiale. Ma lo intrigava tanto anche Vitruvio, autore che mi ha insegnato ad amare nella bellezza del De Architectura. E ci teneva così tanto che io lo leggessi che me ne regalò una copia. 

Due amici comuni che vivono lontano da Canicattì, Vincenzo La Monaca a Milano, e Luigi Ficarra a Padova, quando ho dato loro  la triste notizia mi hanno risposto, in memoria del nostro caro amico, il primo  con una citazione latina  di Columella, “Chi può dubitare  che nella condotta generale della vita non vi sia niente  di più bello  dell’ordine e dell’organizzazione?”, in omaggio all’ordine e al rigore mentale che lo caratterizzava; il secondo inviandomi “Vicende storiche dell’assetto urbano di Canicattì, uno scritto dell’Ingegnere che testimonia l’amore per la sua città, un amore che non si è limitato alle ricerche d’archivio, ma che si è espresso anche nell’impegno politico, assumendo la carica di vicesindaco con delega ai lavori pubblici durante la sindacatura del nostro caro amico Antonio Scrimali. Di quell’impegno tutti ricordano la fattività, la dedizione, la trasparenza e soprattutto il disinteresse, perché in ogni cosa che faceva l’Ingegnere Giuseppe Iannicelli dentro c’era sempre tutta la sua persona. 

Caro Ingegnere, come canta il poeta, “ormai di separarsi è giunta l’ora/ ma un incontro promette per domani”. Mi dicevi che la vita è come trovarsi nella stazione di un paese che non è il nostro e il treno del ritorno partirà tra un po’di ore, e allora bisognerà inventarsi qualcosa da fare per riempire l’attesa…Tu la tua attesa hai saputo riempirla con cose che oggi permangono nella nostra memoria come segni di una bellezza che trascende le forme per diventare puro spirito.

Ciao Giuseppe, la terra ti sia lieve.

Canicattì, nella chiesa di San Domenico, 19 settembre 2018  

Diego Guadagnino

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